giovedì 6 dicembre 2007

Via italiana per la scuola interculturale

Il Ministero della P.I. italiano ,visto che la presenza di alunni stranieri è divenuto un dato strutturale del sistema scolastico con tutti i problemi e le preoccupazioni del fenomeno- nel 2007 la percentuale media di presenza arriva quasi al 6% ,con punte in zone metropolitane superiori al 10 % -ha preso l' iniziativa di indicare delle linee d'azione - ricordiamo che nel 2005 aveva elaborato una Guida per l 'integrazione- in un documento apposito.
In tale documento ,dal titolo " La via italiana per la scuola interculturale e l' integrazione degli alunni stranieri ",Osservatorio Nazionale per l' integrazione degli alunni stranieri e per l'educazione interculturale - Roma ,ottobre 2007.
Questo Ministero - afferma il Ministro Fioroni - si è impegnato a sostenere le iniziative prese in autonomia dagli istituti scolastici e nel contempo ha intrapreso un impegno straordinario per la formazione del personale, in particolare dei dirigenti scolastici.
Alle note preoccupazioni e ai ricorrenti problemi dell' accoglienza,dell' inserimento e dell' integrazione degli alunni di origine straniera- continua il Ministro- vogliamo rispondere con i fatti : la scuola italiana risponde con professionalità ed anche con un suo modello .
L'Osservatorio nazionale per l 'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale,attivo presso il MPI da alcuni mesi (2007),ha messo a punto un documento dal titolo significativo " La via italiana alla scuola interculturale .
Presentiamo il testo della P r e m e s s a i principi e le linee d'azione del documento ministeriale:(Roma -ottobre 2007 )e la composizione dell' OSSERVATORIO per l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale
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LA VIA ITALIANA per LA SCUOLA INTERCULTURALE e L INTEGRAZIONE
....La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri con citta
dinanza non italiana nella scuola comune, all’interno delle normali classi scolastiche ed evitando la costruzione di luoghi di apprendimento separati, differentemente da quanto previsto in altri Paesi e in continuità con precedenti scelte della scuola italiana per l’accoglienza di varie forme di
diversità (differenze di genere, diversamente abili, eterogeneità di provenienza sociale). Si tratta dell’applicazione concreta del più generale principio dell’Universalismo, ma anche del riconoscimento di una valenza positiva alla socializzazione tra pari e al confronto quotidiano con la
diversità.
Tale scelta non è messa in discussione da pratiche concrete di divisione in gruppi, in genere per brevi periodi e per specifici apprendimenti, principalmente legati allo studio della lingua italiana.
Questo principio deve oggi fare i conti con i fenomeni di concentrazione/ segregazione che si stanno verificando in vari contesti e livelli di scuola e con la richiesta di scuole differenziate da parte delle famiglie. Resta essenziale il riferimento alla Legge n.62/2000 secondo la quale le scuole paritarie che rientrano nel sistema pubblico di istruzione devono essere improntate ai principi di libertà stabiliti dalla Costituzione e accettare l’iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di studio valido per l’iscrizione alla classe che essi intendono frequentare.
Centralità della persona in relazione con l’altro
La pedagogia contemporanea, sia pure con varie sfumature, è orientata alla valorizzazione della persona e alla costruzione di progetti educativi che si fondino sull’unicità biografica e relazionale dello studente. Tale impostazione caratterizza il quadro normativo della scuola italiana, è presente sia nella Legge n.30/2000 di riforma del sistema scolastico che nella Legge di riforma n.53/2003 ed è confermato nelle Nuove Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo dell’istruzione.
Si tratta di un principio valido per tutti gli alunni, particolarmente significativo nel caso dei minori di origine immigrata, in quanto rende centrale l’attenzione alla diversità e riduce i rischi di omologazione e assimilazione.
Contemporaneamente, l’attenzione al carattere relazionale della persona, può evitare le derive di un’impostazione individualistica esasperata e aiutare la scuola a riconoscere il contesto di vita dello studente, la sua biografia familiare e sociale.
I n t e r c u l t u r a
La scuola italiana sceglie di adottare la prospettiva interculturale – ovvero la promozione del dialogo e del confronto tra le culture – per tutti gli alunni e a tutti i livelli: insegnamento, curricoli, didattica, discipline, relazioni, vita della classe. Scegliere l’ottica interculturale significa, quindi, non limitarsi a mere strategie di integrazione degli alunni immigrati, né a misure compensatorie di carattere speciale. Si tratta, invece, di assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola nel pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze (di provenienza, genere, livello sociale, storia scolastica). Tale approccio si
basa su una concezione dinamica della cultura, che evita sia la chiusura degli alunni/studenti in una prigione culturale, sia gli stereotipi o la folklorizzazione.
Prendere coscienza della relatività delle culture, infatti, non significa approdare ad un relativismo assoluto, che postula la neutralità nei loro confronti e ne impedisce, quindi, le relazioni. Le strategie interculturali evitano di separare gli individui in mondi culturali autonomi ed impermeabili, promuovendo invece il confronto, il dialogo ed anche la reciproca trasformazione, per rendere possibile la convivenza ed affrontare i conflitti che ne derivano.
La via italiana all’intercultura unisce alla capacità di conoscere ed apprezzare le differenze la ricerca della coesione sociale, in una nuova visione di cittadinanza adatta al pluralismo attuale, in cui si dia particolare attenzione a costruire la convergenza verso valori comuni.
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In questa parte, portiamo l’attenzione sulle linee di azione che caratterizzano il modello di integrazione interculturale della scuola italiana. Esse tengono conto, da un lato, delle molteplici esperienze condotte in questi anni e, dall’altro lato, delle necessità evidenziate da una situazione in forte cambiamento che chiede di procedere con lungimiranza, qualità, efficacia.
Abbiamo individuato nella pratica e nella normativa dieci principali linee di azione, riconducibili a t r e macro-a r e e :
Azioni per l’integrazione
Si tratta di strategie che vedono come destinatari diretti, o comunque privilegiati, gli alunni di cittadinanza non italiana e le loro famiglie. Sono rivolte in modo particolare a garantire agli studenti le risorse per il diritto allo studio, la parità nei percorsi di istruzione, la partecipazione alla vita scolastica.
Sono riconducibili a questa area le pratiche di accoglienza e di inserimento nella scuola, l’apprendimento dell’italiano seconda lingua, la valorizzazione del plurilinguismo, le relazione con le famiglie straniere e l’orientamento.
Azioni per l’interazione interculturale
Si tratta di linee di intervento che hanno a che fare con le gestione pedagogica e didattica dei cambiamenti in atto nella scuola e nella società, con i processi di incontro, le sfide della coesione sociale, le condizioni dello scambio interculturale e le relazioni tra uguali e differenti. In altre parole, prevedono come destinatari tutti gli attori che operano sulla scena educativa
Sono riconducibili a questa area gli interventi relativi alle relazioni a scuola e nel tempo extrascolastico, alle discriminazioni e i pregiudizi, alle prospettive interculturali nei saperi e nelle competenze.
Gli attori e le risorse
In questa sezione sono contenute le linee di intervento che hanno a che fare con gli aspetti organizzativi, gli attori dentro e fuori la scuola, le forme e i modi della collaborazione tra scuola e società civile, le specificità territoriali, a partire dalla consapevolezza che l’integrazione si costruisce insieme, a scuola e fuori dalla scuola. Si tratta della dirigenza, dell’autonomia e delle reti tra istituzioni scolastiche, società civile e territorio, della formazione dei docenti e del personale non docente.
Le linee di azione
All’interno di queste tre macroaree, le dieci linee d’azione individuate
sono le seguenti.
1. Pratiche di accoglienza e di inserimento nella scuola
Il momento dell’accoglienza e del primo inserimento risulta cruciale ai fini del processo di integrazione perché è in questa fase che si pongono le basi per un percorso scolastico positivo. In misura maggiore esso si colloca all’inizio dell’anno scolastico, ma, per una parte degli alunni stranieri (circa un quinto delle presenze), l’inserimento nella scuola italiana avviene in corso d’anno. Anche per questa ragione, il “copione largo” (chi fa che cosa) che regola questo momento importante deve essere definito e condiviso nella scuola e fra i docenti a partire innanzi tutto dalle norme che regolano l’iscrizione. Esse sanciscono (DPR n.394/1999; C.M. n.24/2006) alcuni principi e indicano le modalità di inserimento. In specifico, la C.M. n° 93/2006 relativa alle iscrizioni per l’a.s. 2007/2008 ribadisce che:
“L’iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previste per i minori italiani e può essere richiesta in qualunque periodo dell’anno scolastico… I minori stranieri vengono iscritti alla classe corrispondente all’età anagrafica, salvo… che il collegio dei docenti deliberi l’iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto: dell’ordinamento degli studi nel Paese di provenienza, che può determinare l’iscrizione ad una classe immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all’età anagrafica; del corso di studi eventualmente seguito nel Paese di provenienza; del titolo di studio eventualmente posseduto; dell’accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione”. La stessa normativa richiede che il collegio dei docenti formuli proposte per la ripartizione degli
alunni stranieri nelle classi, evitando la costituzione di classi in cui risulti predominante la loro presenza ai fini di una migliore integrazione e di una maggiore efficacia didattica per tutti.
Nella fase dell’accoglienza, molti sono i fattori che entrano in gioco e che richiedono di essere considerati con attenzione. Essi sono, tra l’altro, di tipo:
conoscitivo: si deve ricostruire la storia personale, scolastica e linguistica del minore straniero, attraverso i documenti presentati, il colloquio con i genitori, la collaborazione di mediatori linguistico-culturali ecc.;
amministrativo: sulla base degli elementi di conoscenza raccolti durante i colloqui iniziali, i momenti di osservazione dell’alunno neoarrivato, le indicazioni della normativa, si procede a definire la classe e la sezione di inserimento più adeguata;
relazionale: nella fase iniziale si stabilisce un patto educativo con la famiglia straniera, considerata come partner educativo a tutti gli effetti e si mettono le basi per una collaborazione positiva tra i due spazi educativi. Al tempo stesso, si inaugura, nel gruppo-classe dell’alunno
neo-arrivato, una dinamica relazionale tra i pari, che va seguita e accompagnata con cura;
pedagogico-didattico: vengono rilevati durante i primi giorni dell’inserimento
i bisogni linguistici e di apprendimento, in generale, e anche le competenze e i saperi già acquisiti e, sulla base di questi dati, si elabora un piano di lavoro individualizzato;
organizzativo: la scuola predispone i dispositivi più efficaci per
rispondere ai bisogni linguistici e di apprendimento degli alunni neoinseriti: modalità e tempi dedicati all’apprendimento dell’italiano seconda lingua; individuazione delle risorse interne ed esterne alla scuola; attivazione dei dispostivi di aiuto allo studio anche in tempo
extrascolastico.
Particolare attenzione deve essere data all’inserimento dei minori neoarrivati
ultraquattordicenni: per loro, la fase dell’accoglienza viene di fatto a coincidere con il momento cruciale dell’orientamento e con la scelta del percorso scolastico.
Una scuola che accoglie in maniera competente deve quindi essere
attrezzata a tale scopo e deve poter contare su: una conoscenza aggiornata della normativa in materia di inserimento scolastico; la disponibilità di materiali informativi e di modulistica plurilingui; l’attivazione di risorse interne (ad esempio un gruppo di lavoro sull’accoglienza formato da: dirigente, docenti e personale amministrativo); la definizione di procedure di accoglienza condivise (ad esempio, il “protocollo di accoglienza”).
2. I t a l i a n o seconda lingua

L’acquisizione e l’apprendimento dell’italiano rappresenta una componente essenziale del processo di integrazione: costituiscono la condizione di base per capire ed essere capiti, per partecipare e sentirsi parte della comunità, scolastica e non. L’azione complessiva si articola in due tipi di attività, organizzativa la prima, glottodidattica la seconda:
La fase “organizzativa”, intesa a fronteggiare l’urgenza immediata, mira a:
• individuare modelli organizzativi (istituzione di Laboratori di Ital2; tempi e durata del laboratorio; personalizzazione del curricolo e adattamento del programma, ecc.);
• definire i ruoli dei facilitatori linguistici sia esterni (in collaborazione con Enti locali, Associazioni, Centri, Università e loro studenti in tirocinio, iniziative con fondi FSE, e così via); sia interni, attraverso docenti con funzione strumentale e docenti formati nella didattica dell’Ital2;
• prevedere strumenti di stimolo alla creazione di reti di scuole e di loro finanziamento;
• elaborare materiali e strumenti (trasmissioni televisive, modelli di testdi determinazione dei livelli d’accesso, ecc.) ed erogare risorse da destinare sia alla pubblicazione e diffusione di materiali di riferimento per gli insegnanti sia all’acquisto di materiali di Ital2 per le scuole e gli
apprendenti stranieri.
La fase “glottodidattica” prende le mosse contemporaneamente alla prima ma produce risultati in un momento successivo; essa riguarda:
• la definizione di un modello di competenza comunicativa di italiano di base (ItalBase) e l’individuazione dei problemi dell’italiano per lo studio (ItalStudio), in modo da offrire ai docenti un quadro comune di riferimento;
• la diffusione di strumenti la definizione dei diversi livelli di competenza
di ItalBase che tengano conto del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue e del livello di ItalStudio per progettare interventi mirati;
• l’elaborazione e diffusione di modelli operativi sia per le attività in classe sia per quelle in Laboratorio Ital2;
• la formazione di docenti di riferimento per le singole scuole e la sensibilizzazione di tutti i docenti sui problemi della facilitazione nella comprensione dell’italiano.
3. Valorizzazione del p l u r i l i n g u i s m o
La situazione di plurilinguismo che si sta sempre più diffondendo nelle scuole rappresenta un’opportunità per tutti gli alunni oltre che per gli alunni stranieri. L’azione riguarda:
il plurilinguismo nella scuola, cioè di sistema: oggi si insegnano due lingue comunitarie, che le tabelle di abilitazione riducono a inglese, francese, tedesco e spagnolo, più il russo; si deve ripensare l’offerta generale (non limitata agli immigrati) delle LS includendo le lingue parlate
dalle collettività più consistenti a seconda delle aree del Paese e prevedendo le relative abilitazioni: i corsi possono essere organizzati sulla base delle reti di scuole, in modo da consentire la creazione di gruppiclasse numerosi. In tutti i casi, anche nelle scuole primarie, gli insegnanti
possono valorizzare il plurilinguisno dando visibilità alle altre lingue e ai vari alfabeti, scoprendo i “prestiti linguistici” tra le lingue ecc.;
• il plurilinguismo individuale: il mantenimento della lingua d’origine è un diritto dell’uomo ed è uno strumento fondamentale per la crescita cognitiva, con risvolti positivi anche sull’Ital2 e sulle LS studiate nella scuola. L’insegnamento delle lingue d’origine, nella loro versione standard,
può essere organizzato insieme a gruppi e associazioni italiani e stranieri, mentre saranno le famiglie e le collettività ad esporre i figli alle varietà non-standard da loro parlate.
4. Relazione con le famiglie straniere e orientamento
Viene unanimemente riconosciuta come centrale la relazione con le famiglie immigrate, con particolare attenzione a tre dimensioni:
la scelta consapevole della scuola nella quale inserire i figli. Fermo restando l’esercizio del diritto di scelta, è necessario offrire alle famiglie un preventivo orientamento, un bagaglio di informazioni pertinenti sul sistema formativo e sulla pluralità di scuole presenti nel territorio e
sulle loro peculiarità, per evitare decisioni non adeguate alle reali esigenze, attitudini e diverse condizioni dei figli o, come spesso accade, dettate da quei motivi di vicinanza spaziale che finiscono per aggravareforme di concentrazione in isole scolastiche e territoriali separate;
il coinvolgimento della famiglia nel momento dell’accoglienza degli alunni, che evidentemente va di pari passo con quella della famiglia nelsuo insieme. È necessario, da parte della scuola, un ascolto capace di comprendere la specifica condizione in cui la famiglia si trova, quasi sempre contrassegnata da delicati percorsi di destrutturazione-ristrutturazione culturale, con frequenti crisi nelle relazioni intergenerazionali.
Accogliere la famiglia e accompagnarla intelligentemente nel difficile “viaggio” cui è sottoposta, aiutandola nella graduale dinamica integrazione nel nuovo contesto, è indubbiamente uno dei compiti più complessi della scuola aperta all’intercultura;
• la partecipazione attiva e corresponsabile delle famiglie immigrate alle iniziative e alle attività della scuola, alla conoscenza e condivisione del progetto pedagogico, ad un’alleanza pedagogica che valorizzi le specificità educative.
I mediatori linguistico-culturali rappresentano una risorsa importante per tutte queste forme di relazione.
5. Relazioni a scuola e nel tempo extrascolastico
L’intercultura in classe assume il significato di un paradigma per l’intero sistema-scuola. In questo senso, predisporre misure di sostegno ad una stabile integrazione ed i necessari interventi specifici da un punto di vista didattico, non significa concentrare l’attenzione sul recupero degli immigrati come “alunni-problema”, ma integrare questo sforzo in un più ampio programma di educazione interculturale, coinvolgente tutta la classe.
Tale approccio interculturale è fondato su una concezione dinamica della cultura, espressa soprattutto nell’ambito delle relazioni tra l’insegnante e gli alunni e tra gli alunni stessi.
In passato, da parte di molti insegnanti è stata assunta una concezione culturalista, che tende a confrontarsi con le “culture d’origine” in quanto tali, e che rischia di assolutizzare l’appartenenza etnica degli alunni, predeterminando i loro comportamenti e le loro scelte. Una concezione personalista della cultura, invece, valorizza le persone nella loro singolarità e nel modo irripetibile con cui vivono gli aspetti identitari, l’appartenenza, il percorso migratorio. La relazione interculturale opera il riconoscimento dell’alunno con la sua storia e la sua identità, evitando, tuttavia, ogni fissazione rigida di appartenenza culturale e ogni etichettamento.
Formare in senso interculturale significa riconoscere l’altro nella sua diversità, senza tacerla, ma neanche creando “gabbie etnico/etno culturali”, esprimendo conferma e attivando canali di comunicazione senza riduzionismi.
Quando gli individui si incontrano si crea accordo o conflitto, scambio o incomprensione. La classe, il gruppo, o il “sito educativo”, in questo senso, non sono altro che la zona di mediazione tra le culture, il contesto comune in cui si rende possibile il dialogo. La scuola svolge per tutti
gli alunni, ed in particolare quelli stranieri, un ruolo di mediazione e di socializzazione. Di conseguenza, una comunicazione centrata soltanto sul contenuti, i “fatti”, potrebbe aumentare la distanza tra gli interlocutori, o a irrigidire lo scambio. Al contrario, le strategie centrate sulle relazioni e sulla collocazione del discorso in un contesto, facilitano la comprensione. viga
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OSSERVATORIO per l'INTEGRAZIONE ALUNNI STRANIERI
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L’Osservatorio per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale è articolato in un comitato scientifico composto da esperti del mondo accademico, culturale e sociale; da un comitato tecnico composto da rappresentanti degli Uffici del ministero e da una consulta dei
principali istituti di ricerca, associazioni ed enti che lavorano nel campo dell’integrazione degli alunni stranieri.
L’Osservatorio è presieduto dal Sottosegretario di stato prof.ssa Letizia De Torre.
Il Comitato scientifico è coordinato dalla prof.ssa Graziella Giovannini.
Comitato Scientifico
- Giulio Albanese, fondatore di MISNA (Missionary international Service News Agency; Agenzia missionaria di servizio per l’informazione internazionale);
- Paolo Balboni, preside della Facoltà di lingue e letterature straniere, Univ Cà Foscari di Venezia
- Antonio Brusa, docente di didattica della storia, Università di Bari;
- Mauro Ceruti, preside della Facoltà di Scienze della Formazione, Università di Bergamo;
- Maria E. Esparragoza, mediatrice culturale (culture latinoamericane), Genova;
- Paola Falteri, docente di antropologia culturale, Università di Perugia;
- Graziella Favaro, coordinatrice della rete dei centri interculturali, Milano;
- Graziella Giovannini, docente di sociologia dell’educazione, Università di Bologna;
- Karim Hannachi, docente di lingua e letteratura araba, Università di Catania;
- Huang Heini, mediatrice linguistico-culturale (culture asiatiche), Firenze;
- Giuseppe Milan, docente di pedagogia generale e pedagogia interculturale, Univ. di Padova;
- Leonardo Piasere, docente di antropologia culturale, università di Verona;
- Melita Richter, mediatrice culturale (culture balcaniche), Trieste;
- Brunetto Salvarani, esperto di educazione interculturale e dialogo interreligioso;
- Milena Santerini, docente di pedagogia generale, Università Cattolica di Milano;
- Ribka Sibhatu, mediatrice linguistico-culturale (culture africane), Roma;
- Francesco Susi, preside della facoltà di Scienze della formazione, Univ. di Roma Tre.
Comitato Tecnico
- Luigi Aiello, Dipartimento per l’istruzione – Dirigente Uff III.
- Gianna Barbieri, Direzione Generale Studi e Programmazione – Dirigente Uff. II.
- Luigi Calcerano, Direzione Generale Personale della Scuola – Dirigente Uff. VII.
- Raffaele Ciambrone, Direzione Generale per lo Studente – Dirigente Uff. VI.
- Elisabetta Davoli, Direzione Generale Ordinamenti Scolastici – Dirigente Uff. VI.
- Giulia De Nicuolo, Direzione Generale Affari internazionali dell’Istruz. – Dirigente tecnico.
- Giovanna Grenga, Direzione Generale Affari Internazionali dell’Istruzione - Docente com.
- Stefano Jedrkiewicz, Ministro plenipotenziario, Consigliere -Diplomatico del Ministro.
- Vinicio Ongini, Ufficio di Gabinetto del Ministro.
- Angelo Panvini, Direzione generale per l’istruzione post-secondaria – Dirigente Tecnico.
- Anna Piperno, Direzione Generale Ordinamenti Scolastici – Dirigente Tecnico.

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